Il film rilegge l’esperienza umana e il viaggio intellettuale – a tratti solitario a tratti condiviso - di Roberto Dionigi pensatore, studioso e insegnante alla luce dell’effetto che egli ha prodotto, dei segni indelebili che ha lasciato in tutti coloro che lo hanno amato o non riconosciuto; indaga il rapporto tra il filosofo e la vitalità culturale della sua città, Bologna, attraverso l’esplorazione dei luoghi fisici e simbolici della sua vita; riflette inoltre sulle innovazioni che la generazione a cavallo del Sessantotto ha portato al dibattito politico culturale italiano (senza trascurare le contraddizioni che questa generazione ha vissuto), proprio attraverso un’esperienza emblematica ma unica. Dionigi infatti ha partecipato al maggio francese, è stato protagonista dei movimenti operai e studenteschi in Italia ed è stato uno dei fondatori del Manifesto, ma ha sempre conservato uno sguardo critico e un pensiero radicale. Tra le tante domande che il film pone una per tutte: Che cosa significa essere unfilosofo oggi? Rispondono Eco, Cacciari, Marramao, Bonaga, Picardi, Passerini, Scarpari, Benni, Bergonzoni …
«Un bar, dall’alba a notte inoltrata, dall’apertura alla chiusura passando per le diverse ore del giorno, le diverse tipologie di avventori, i diversi ritmi, i diversi umori e rumori che caratterizzano la vita di un locale. Lì, nel cuore della sua città, in mezzo al transito ininterrotto di volti anonimi e familiari, succedeva che Roberto Dionigi esercitasse la sua arte e il suo mestiere di pensatore. Lì ripensava la filosofia. Lì noi lo abbiamo ripensato. La fatica di descrivere. Non è soltanto il titolo dell’ultimo libro di Roberto Dionigi, che definisce mirabilmente l’itinerario di Wittgenstein nel linguaggio della Filosofia, ma sembra essere tutto il possibile nella vita di Dionigi stesso, una vita in preda al pensiero segnata da continue sfide intellettuali. La fatica di descrivere risuona come un’eco anche nelle voci dei colleghi, studenti e amici che, avendo condiviso con lui la passione per la filosofia e l’impegno civile e politico, tentano un percorso della memoria per dipingerne il ritratto».
Soggetto e regia: Luisa Grosso Con la speciale e preziosa collaborazione di: Giuseppe Bertolucci
Prodotto da: Comitato per la Costituzione della Fondazione Roberto Dionigi con Cineteca del Comune di Bologna e Beppe Caschetto Con il sostegno di: Regione Emilia-Romagna, Comune di Bologna, Università di Bologna Fondazione Cassa di Risparmio di Bologna, Fondazione del Monte
Organizzatore: Luca Bitterlin Direttore di Produzione: Alessandro Carroli Direttore della Fotografia: Guido Michelotti Montaggio: Paolo “Sbrango” Marzoni Musica e Suoni: Giuseppe Napoli Operatore Steadycam: Alessandro Ruggeri Aiutoregista: Ilaria Avanzi
Produzione esecutiva: I.T.C. MOVIE s.r.l.
Con la partecipazione di: Stefano Benni, Franco Berardi (Bifo), Alessandro Bergonzoni, Letizia Bianchi, Stefano Bonaga, Massimo Cacciari, Piero Dall’Occa, Stefano Del Fiore, Alessandro Dionigi, Umberto Eco, Helmut Failoni, Mauro Felicori, Manuel Gatto, Gustavo Gozzi, Alberto Gualandi, Elda Guerra, Paolo Inghilesi, Raffaella Lamberti, Giacomo Marramao, Marina Mizzau, Mario Nicolao, Piero Odorici, Luisa Passerini, Eva Picardi, Andrea Ruggeri, Giancarlo Scarpari, Massimo Serafini, Maurizio Torrealta, Ambrogio Vitali, Roberto Zamboni
Roberto Dionigi, nato a Barletta nel 1941 e scomparso nel 1998, si laureò a Bologna nel 1964 in Filosofia Teoretica. Tra il ’67 e il ’70 soggiornò a più riprese a Parigi partecipando al maggio francese; da quest’esperienza e dall’incontro con Althusser nacque il suo primo libro, Gaston Bachelard. La “filosofia” come ostacolo epistemologico (1973). In seguito intraprese l’insegnamento della filosofia all’Università di Bologna, impegno che mantenne con straordinaria dedizione per tutta la vita. Lo stesso rigore lo accompagnò nella sua carriera di studioso. Centrale, nella sua riflessione, fu il pensiero di Nietzsche (Il doppio cervello di Nietzsche, 1982). Degli anni ’80 sono anche due saggi su Bataille e un lucido bilancio del comunismo di Marx. (L’uomo e l’architetto, 1981). Gli scritti degli anni ’90 si concentrano sull’ermeneutica (Nichilismo ermeneutico, 1991), sulla semantica antica (Nomi Forme Cose. Intorno al Cratilo di Platone, 1994) e infine sul pensiero di Wittgenstein (La fatica di descrivere. Itinerario di Wittgenstein nel linguaggio della filosofia, 1998), del quale condivideva appieno l’esigenza di ripensare il linguaggio come la cosa stessa della filosofia.
Giacomo Marramao è professore di Filosofia teoretica presso l’Università di Roma Tre e Direttore della Fondazione Basso di Roma. Nelle sue ricerche si è occupato di teoria critica della società e di teorie della democrazia, inscrivendo i propri studi nell’orizzonte di un’analisi critica della modernità e di una rigorosa ricostruzione genealogica dei presupposti del razionalismo occidentale. Tra le sue opere: Kairos. Apologie del tempo debito (Roma-Bari 1992); Cielo e terra. Genealogia della secolarizzazione (Roma-Bari 1994); Dopo il Leviatano (Torino 2000); Passaggio a Occidente (Torino 2003); Minima temporalia (Roma 2005); Potere e secolarizzazione (Torino 2005); La passione del presente. Breve lessico della modernità-mondo (Torino 2008); Contro il potere. Filosofia e scrittura (Milano 2011); Potere (Torino 2014); Genealogie dell’Occidente (Torino 2015).
Ultimo aggiornamento profilo: 2016
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Stefano Bonaga insegna Antropologia filosofica presso l’Università di Bologna. Si è occupato di estetica filosofica e di poetica. Impegnato nella vita politica, ha ricoperto incarichi nella Giunta del Comune di Bologna: il suo lavoro sui rapporti tra informazione, comunicazione e spazio pubblico ha condotto all’elaborazione del progetto della rete civica bolognese. È autore di Sulla disperazione d’amore (Milano 1998).
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