Biopolitica e filosofia
Roberto Esposito

Biopolitica e filosofia

Conduce:
Sabato 16 settembre 2006

Con il termine biopolitica, ha spiegato Roberto Esposito, ci si riferisce all'implicazione sempre più intensa e diretta che si viene a determinare nella modernità, e in particolare con Hobbes, tra le dinamiche politiche e la vita umana, intesa nella sua determinazione biologica. L'uomo moderno, infatti, proiettato nel suo fuori, senza più la protezione trascendente della fede, si pone il problema di costruire un apparato immunitario che possa garantirgli la sicurezza personale rispetto ai rischi collettivi. Nel Novecento, poi, la questione della vita biologica, del suo mantenimento, del suo sviluppo, assume una rilevanza politica decisiva, in quanto diventa la posta in gioco di tutti i conflitti, fino addirittura, con i totalitarismi, e il nazismo in particolare, a rovesciarsi in fattore di produzione di morte. Queste esperienze storiche costituiscono un punto di rottura che ha portato l'essenza stessa della biopolitica alla massima antinomia, facendola diventare tanatologia.
La catastrofe della seconda guerra mondiale tuttavia ha segnato solo la fine di quel tipo di biopolitica. Roberto Esposito ritiene, infatti, che la biopolitica costituisca l'essenza della storia contemporanea, come si può vedere dal rilievo sempre maggiore assunto dall'elemento etnico nelle relazioni internazionali, fino all'impatto delle biotecnologie sul corpo umano, dalla centralità delle questioni sanitarie in tutti i programmi di governo all'esigenza di sicurezza di fronte alle minacce del terrorismo.
Oggi però è soprattutto in gioco la "vita del mondo", il quale è sottoposto ad un'unica minaccia globale. Da questo punto di vista, Roberto Esposito ha presentato l'esempio dell'esperienza in Iraq come significativo della tendenza che si sta affermando nel contesto attuale a sovrapporre la ricerca della pace e l'uso della guerra, l'attacco e la difesa, la vita e la morte. È per contrastare queste pericolose confusioni, che Roberto Esposito ritiene urgente pensare una "biopolitica positiva": una politica, cioè, "non più sulla vita, ma della vita", che rispetti la costituzione singolare e molteplice dell'esistenza umana, come rappresentato nell'idea di "nascita", cioè di produzione continua di differenze e di pluralità sia nella vita singolare che in quella collettiva.

Roberto Esposito  è professore emerito di Filosofia teoretica presso la Scuola Normale Superiore di Pisa. È tra i fondatori del Centro di Ricerca sul Lessico Politico Europeo e del Centro Internazionale per il Lessico Giuridico e Politico Europeo. Attraverso l’analisi critica delle categorie politiche elaborate dai classici del pensiero filosofico moderno (in particolare su individuo, persona, comunità, tra Machiavelli e Rousseau), nelle sue ricerche ha sottolineato i limiti del politico nell’età contemporanea, in quanto organizzazione che necessariamente si confronta con il carattere irriducibile della forma vivente. Con l’“Italian Theory”, indagando i caratteri del pensiero italiano nella sua relazione differenziale con altri filoni della filosofia europea, in particolare francese e tedesca, si è occupato di una ri-concettualizzazione del paradigma del politico, oltre ad aver affrontato il rapporto tra teologia e politica e ad aver proposto una filosofia del pensiero istituente. Tra i suoi libri: Le persone e le cose (Torino 2014); L’origine della politica. Hannah Arendt o Simone Weil? (Roma 2014); Da fuori. Una filosofia per l’Europa (Torino 2016); Politica e negazione. Per una filosofia affermativa (Torino 2018); Pensiero istituente. Tre paradigmi di ontologia politica (Torino 2020); Immunitas. Protezione e negazione della vita (Torino 2002, 2a ed. 2020); Istituzione (Bologna 2021); Immunità comune. Biopolitica all’epoca della pandemia (Torino 2022); Vitam instituere.Genealogia dell’istituzione (Torino 2023); I volti dell’avversario. L’enigma della lotta con l’Angelo (Torino 2024).

Ultimo aggiornamento profilo: 2024

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