È possibile parlare di una connessione fra destino e carattere? È la domanda posta da Salvatori Natoli a partire dalla lettura di un frammento di Eraclito, nel quale si afferma: "il carattere è il destino per l'uomo". Nel mondo greco questa connessione è visibile nell'uomo della areté, il quale possedeva una grande abilità ad esistere, in quanto dotato di forza, personalità e tempra. Se nell'epoca del Cristianesimo destino e carattere vengono determinati dalla conformità alla religione, la modernità nasce come progetto di emancipazione collettiva dal progetto teologico in direzione della realizzazione dell'umanità, in cui sono le grandi ideologie mondane a tenere insieme biografia e destino.
Attraverso i processi di emancipazione soggettiva e di differenziazione funzionale si sviluppa però ben presto dentro la modernità una complessità crescente, che rende problematica l'idea di umanità come sintesi dei soggetti e dei saperi. Ed è così, ha spiegato Salvatore Natoli, che se la modernità ha segnato il grande emergere della soggettività, come emancipazione dalla soggezione e capacità di costruire il proprio destino, nello stesso tempo però ha determinato l'imporsi della logica della prestazione e della funzione, per cui l' "io" si vede investito di molteplici ruoli e si percepisce sempre più indeterminato e sradicato. Questo perché l'uomo moderno si è emancipato, cioè liberato da quei vincoli che, se da un lato lo costringevano, dall'altro lo stabilizzavano.
È con questo scenario che Salvatore Natoli si confronta, affermando la necessità di un pensiero forte in grado di gestire il complesso, di passare dalla passività all'attività e di realizzarsi nella contingenza, proprio sulla scia di quanto indicato dalla sentenza di Eraclito. Rileggere il frammento eracliteo, oggi, vuol dire per Salvatore Natoli, far nostro l'invito ad essere capaci di areté (dalla radice ar- da cui viene la parola ars), cioè ad acquisire l'arte di costruire originalmente la propria vita. Il carattere è destino nel senso che soltanto la personalità capace di governo di sé è in grado di dirigersi nel mondo, sa costruire relazioni valorizzando l'alterità secondo il modello della pietas.
Salvatore Natoli è stato a lungo professore di Filosofia teoretica presso l’Università di Milano-Bicocca. Ha insegnato anche presso l’Università Ca’ Foscari di Venezia e l’Università di Milano Statale. Siede nella redazione di numerose riviste scientifiche ed è presente nel dibattito filosofico e culturale contemporaneo. Ha rivolto la sua attenzione al senso del divino nell’epoca della tecnica e alla possibilità di un’etica che sappia confrontarsi con il rapporto tra felicità e virtù e con gli aspetti della corporeità e del sacro, sottovalutati dal razionalismo classico. Ha indagato l’esperienza del dolore, dedicando studi anche alla teoria dell’azione, alle forme del fare e al fine della politica. Tra i suoi libri:L’edificazione di sé. Istruzioni sulla vita interiore (Roma-Bari 2010); I comandamenti. Non ti farai né idolo né immagine (con Pierangelo Sequeri, Bologna 2011); Le verità del corpo (Milano 2012); Le inquietudini della fede (Venezia 2014); I nodi della vita (Brescia 2015); Il rischio di fidarsi (Bologna 2016); Scene della verità (Brescia 2018); L’animo degli offesi e il contagio del male (Milano 2018); Il fine della politica. Dalla «teologia del regno» al «governo della contingenza» (Torino 2019); Uomo tragico, uomo biblico. Alle origini dell’antropologia occidentale (Brescia 2019); L’uomo dei dolori (Bologna 2020); Il linguaggio della verità. Logica ermeneutica. Nuova ediz. (Brescia 2022); Il posto dell’uomo nel mondo. Ordine naturale, disordine umano (Milano 2022); Dolore (con MichaelDavide Semeraro, Trento 2013, 2023).
Ultimo aggiornamento profilo: 2024
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