Nel momento in cui lo sviluppo scientifico e tecnologico permette di manipolare l'entità uomo nella forma del genoma, emerge la necessità di ricostruire un'idea condivisa di umanità adeguata ai problemi dell'accelerazione tecnico-scientifica. È a questo scopo che Franco Volpi propone di tornare alle radici alle quali si è alimentata l'immagine tradizionale dell'uomo: da un lato, la concezione propria della tradizione biblica, dall'altro, la definizione aristotelica dell'uomo come zoon politikon, "animale politico". I contenuti di questo umanesimo greco-cristiano hanno però perso molta della loro originaria pregnanza di significato; una crisi, che, secondo Franco Volpi, si è definita, prima ancora che con i risultati attuali della tecnoscienza, già a partire dalla letteratura umanistica sulla dignitas hominis, che aveva parlato dell'uomo come artefice di se stesso e dunque come animale indefinito, per affermarsi, poi, con la modernità, e in particolare con Nietzsche.
In questo quadro Franco Volpi inserisce la ripresa e la rilettura della definizione aristotelica, che continua del resto a venire usata nella nostra autorappresentazione culturale, nel nostro sistema di leggi e di diritti e che è oggi alla base della cosiddetta "filosofia pratica", di un filone della riflessione filosofica che si presenta non come un sistema teorico, ma come saggezza pratica di vita.
Mentre gli interpreti tendono ad evidenziare il carattere logocentrico della definizione aristotelica, Franco Volpi ritiene che per Aristotele l'uomo sia un animale destinato a vivere nella polis non solo perché ha per natura il logos, ma anche e soprattutto perché, prima ancora della capacità di parlare, egli può avere presa diretta sulle cose che costituiscono la comunità degli uomini, tramite la percezione, l'aisthesis. Proprio questo, ha sottolineato Franco Volpi, è specifico dell'uomo rispetto a tutti gli altri animali e, assieme al logos, costituisce la sua politicità. In questa direzione si definisce anche lo scopo della politica, come quello di orientare i cittadini verso una vita riuscita e felice, formando e indirizzando tramite l'educazione le loro passioni e la loro percezione per discernere ciò che è bene da ciò che è male, il giusto dall'ingiusto. La politica, in questo senso, è il quadro indispensabile per poter assicurare la riuscita di ogni esistenza individuale, che può in questo modo ritagliarsi, all'interno di questo spazio garantito, un piccolo angolo di tranquillità, per dedicarsi anche alla forma di vita superiore che è quella teoretico - contemplativa.
Franco Volpi (1952 - 2009) è stato professore ordinario di Storia della filosofia presso l'Università di Padova e membro della consulta scientifica di numerose riviste filosofiche (tra cui «Husserl Studien», «Internationale Zeitschrift für Philosophie», «Iride» e «Filosofia politica»), è stato editorialista del quotidiano «la Repubblica» e consulente della casa editrice «Adelphi». Studioso di ontologia e di filosofia morale, ha dedicato numerose ricerche alla riabilitazione della filosofia pratica aristotelica nel dibattito contemporaneo, in particolare rinvenendo l'attualità e le declinazioni assunte dalla definizione dell'uomo quale "animale politico" nel pensiero tedesco. Successivamente ha affrontato il problema del nichilismo, inteso non come corrente di pensiero o avventura di avanguardie intellettuali, ma espressione di un più generale malessere della cultura contemporanea. Traduttore ed editore di testi classici, ha curato la pubblicazione di numerose opere di Schopenhauer, Heidegger, Jünger e Schmitt. Tra i suoi libri recenti: Guida a Heidegger (a cura di, Roma-Bari 1997); Dizionario delle opere filosofiche (a cura di, Milano 2000); Il nichilismo (Roma-Bari 2005); L'ultimo sciamano. Conversazioni su Heidegger (con A. Gnoli, Milano 2006).
È stato componente del Comitato Scientifico della Fondazione Collegio San Carlo nei mesi di marzo e aprile 2009.
Ultimo aggiornamento profilo: 2006
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