Ponendosi in contrapposizione al punto di vista tecnicistico, che tende a negare la possibilità che la filosofia si occupi della tecnica, la riflessione di Emanuele Severino intende sottolineare l'esistenza di una stretta connessione fra le due forme di sapere. La tecnica infatti è tanto più potente proprio quanto più ascolta la voce della filosofia del nostro tempo, che ha dimostrato l'impossibilità dell'esistenza di un ordinamento assoluto, assolutamente vero, lasciando così allo sviluppo tecnologico un universo in cui non esistono limiti inoltrepassabili e inviolabili.
Se la progressiva simbiosi fra pensiero filosofico e operatività tecnica determina così il balzo in avanti inarrestabile di quest'ultima, Emanuele Severino ha però posto l'accento sul problema cruciale della destinazione della società tecnologica, soprattutto in relazione all'uomo. La tecnica, infatti, costituisce lo strumento utilizzato dalle grandi forze che guidano la nostra civiltà per realizzare e affermare la propria concezione di uomo. In questo conflitto è però inevitabile che i confliggenti tendano sempre più ad aumentare la potenza dello strumento e a non intralciare il suo funzionamento. Quando questo accade allora lo scopo di questa forza diventa ciò che dapprima era il mezzo di cui essa intendeva servirsi. In questo modo l'uomo, che era lo scopo del marxismo, del cristianesimo, dell'illuminismo o della democrazia, per fare alcuni esempi, diventa ora mezzo, e in quanto tale muore. In questo senso Emanuele Severino parla di "morte dell'uomo", affermando però al contempo la coincidenza dell' "essenza della tecnica" con "l'umanità della tecnica". Se infatti si assume la definizione di uomo soggiacente alle diverse concezioni, come centro cosciente capace di organizzare i mezzi in vista della produzione di scopi, questa concezione di umanità trova il suo inveramento proprio nella tecnica, nella forza cioè oggi dominante per organizzare mezzi in vista della produzione di scopi, o meglio ancora scopo essa stessa di questo meccanismo. In questo modo la tecnica oggi diviene quello che Dio era ieri, e cioè la potenza suprema alleandosi alla quale l'uomo si salva.
È possibile, secondo Emanuele Severino, indicare un'ulteriore definizione di uomo alternativa sia a quella delle ideologie che a quella della tecnica: una definizione che si ponga al di sopra della volontà di potenza che tecnica e Dio hanno in comune.
Emanuele Severino (1929 - 2020) è stato professore emerito di Filosofia teoretica presso l’Università di Venezia e ha insegnato Ontologia fondamentale presso l’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano. È stato Accademico dei Lincei e Cavaliere di Gran Croce. Ha offerto un’interpretazione della filosofia che sottolinea lo scacco del pensiero metafisico da Platone a Nietzsche e Heidegger. Per superare le aporie nichilistiche della tradizione metafisica evidenti anche nel discorso moderno della tecnica, ha promosso un ritorno a una filosofia dell’Essere che escluda rigorosamente il non-essere e il divenire. Fra le sue opere recenti: Dialogo su diritto e tecnica (con N. Irti, Roma-Bari 2001); Discussioni intorno al senso della verità (Pisa 2009); L’identità del destino. Lezioni veneziane (Milano 2009); Il destino della tecnica (Milano 2009); Democrazia, tecnica, capitalismo (Brescia 2009); Il mio ricordo degli eterni. Autobiografia (Milano 2011); La potenza dell’errare. Sulla storia dell’Occidente (Milano 2013); In viaggio con Leopardi. La partita sul destino dell’uomo (Milano 2015); Dike (Milano 2015); Storia, gioia (Milano 2016); Il tramonto della politica. Considerazioni sul futuro del mondo (Milano 2017); Dispute sulla verità e la morte (Milano 2018); Lezioni milanesi. Il nichilismo e la terra (2015-2016) (Milano 2018); Testimoniando il destino (Milano 2019). La Casa Editrice Adelphi pubblica la collana “Scritti di Emanuele Severino ”.
Ultimo aggiornamento profilo: 2018
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