Curatori: Giorgio Pighi, Licia Beggi Miani
Con la collaborazione di: Salvatore Puliatti, Donata Ghermandi
Con il contributo di: Eugenio Caregnato
A cura di: Accademia Nazionale di Scienze Lettere e Arti di Modena
Presentazione: venerdì 16 settembre ore 18.00
Il dolore fisico della tortura e delle pene corporali prende commiato dal diritto penale, fra resistenze e ridimensionamenti, a partire dalla seconda parte del Settecento. La mostra, con un percorso cronologico di testi antichi e uno tematico di gride modenesi, materiali dell’Accademia Nazionale di Scienze Lettere e Arti, richiama il brocardo del De clementia di Seneca, scelto da Cesare Beccaria per l’antiporta del suo Dei delitti e delle pene, e guarda ai giorni nostri, all’art. 3 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, che vieta la tortura e i trattamenti inumani e degradanti per contrastare gli abusi di autorità.
La ripresa dell’opera che Seneca dedicò al giovane Nerone rimarca la forza della severità quando sia parte di un generale quadro di mitezza: «gravior multo poena videtur quae a miti viro constituitur -sembra molto più grave quella pena che è decisa da un uomo mite». Con Beccaria il processo mite, rifiutando la tortura, affida interamente il sistema penale al diritto e lo sottrae alla forza bruta: «Quale è dunque quel diritto, se non quello della forza, che dia la podestà ad un Giudice di dare una pena ad un Cittadino, mentre si dubita se sia reo, o innocente?».
Le gride modenesi evidenziano che la tortura per ottenere la confessione fa tutt’uno con le pene corporali, supplizi come condanna, sempre più pesanti e infamanti più gravi sono i crimini.
La ricerca di giustificazione al patimento fisico per accertare i fatti e in conseguenza dei crimini commessi, nel quadro del contratto sociale, diventa tema centrale a partire dal Cinquecento. Secondo Thomas Hobbes, Il Leviatano, «Auctoritas non veritas facit legem – l’autorità, non la verità, fa la legge»mentre secondo John Locke, Lettera sulla tolleranza, invece, il reo deve subire «un castigo che consiste nella privazione o diminuzione di quei beni dei quali avrebbe potuto o dovuto godere».
La riflessione umanizzante del modenese Giovanni Battista Scanaroli nel De visitatione carceratorum (1655), già un secolo prima del Beccaria, è consapevole dell’incongruenza della tortura come mezzo per ottenere confessioni. I tempi, non maturi per abbandonarla, suggeriscono di limitarne presupposti, durata, reiterazione. L’opera, attenta ai temi morali, coglie pienamente l’approfittare della debolezza umana di fonte al dolore insopportabile: «torquemus hominem extorquemus veritatem - torturiamo un uomo, strappiamo la verità»(?).
Accademia Nazionale di Scienze Lettere e Arti di Modena, nata nel 1684 come Accademia dei Dissonanti, oggi l’ente si propone di divulgare temi letterari, scientifici e giuridici di interesse nazionale e internazionale attraverso le proprie pubblicazioni, le sedute di studio e la fruizione del patrimonio librario e archivistico della biblioteca accademica.
Tel. 059 225566 | info@accademiasla-mo.it | www.accademiasla-mo.it
Orari durante il festivalfilosofia:
Venerdì 16 settembre ore 15.00 – 21.00
Sabato 17 settembre ore 15.00 – 21.00
Domenica 18 settembre ore 15.00 – 21.00
Dopo il festival la mostra sarà visitabile fino al 30 settembre 2022
Dal lunedì al venerdì, dalle ore 9.00 alle ore 16.00 su prenotazione a info@accademiasla-mo.it
Luogo:
Accademia Nazionale di Scienze Lettere e Arti di Modena
Corso Vittorio Emanuele II, 59
Modena
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