Quali parole siamo liberi di utilizzare per far ridere? Ci sono argomenti intoccabili o temi su cui non tutti sono padroni di fare satira? Nata nei club americani negli anni Sessanta, in un contesto di grandi rivolgimenti sociali e scoperta ribellione, la stand-up comedy si trova adesso di fronte alla necessità di ridefinire i propri confini e di stabilire se sia necessario porsi dei limiti, in base alla mutata sensibilità del pubblico.

Molto tempo è passato dal provocatorio monologo di George Carlin sulle “sette parole sporche”, impossibili da utilizzare negli spettacoli, al momento in cui Chris Rock è stato schiaffeggiato per una battuta durante la notte degli Oscar. E se in America la discussione oscilla fra critici che patrocinano un umorismo innocuo e comici che rifiutano di essere bersaglio di indignazione estemporanea, in Italia inizia a essere dibattuta la liceità di ridere su temi come il sesso e la religione.

In questa conferenza/spettacolo, Saverio Raimondo – uno degli stand-up comedian più urticanti fra quelli affermatisi di recente in Italia – si domanderà se il cosiddetto “politicamente corretto” abbia influenzato o cambiato il lavoro del comico. Con un festoso esercizio di libertà d’espressione, interagirà con il pubblico per scoprire in diretta, battuta dopo battuta, a che punto la satira abbia il dovere di fermarsi. E, soprattutto, se debba fermarsi davvero.