Dall’esperienza del ricovero, l’autore e regista argentino Santiago Loza ha tratto il suo Diario Inconsciente, in cui mostra come sia riuscito a orientarsi nel disordine psichico grazie alla parola scritta.
Questo spettacolo non è tanto un adattamento in senso stretto dell’opera di Loza, quanto piuttosto una creazione che germina dalla sua eco, come in un gioco di specchi che si moltiplicano. Non è uno spettacolo sulla salute mentale ma un’opera sulla disintegrazione di un individuo, un approccio scenico alla memoria di un’esperienza indicibile. Su un palcoscenico in cui lo spazio appare infinitamente aperto e il tempo sospeso, non resta che aggrapparsi agli oggetti e alle parole, come schegge di una storia individuale che cerca di trascendere i limiti dell’esperienza.