Nelle piazze e nei cortili del festival si discuterà di diseguaglianza e merito, pace e guerra, pena e riparazione, giustizia intergenerazionale
L’edizione 2022 sarà imperniata sulla parola chiave giustizia. In 53 lezioni magistrali saranno affrontate le varie declinazioni di questo tema, per mostrarne le trasformazioni nelle sue diverse sfere. In società attese da una ricostruzione materiale e spirituale, la questione della giustizia riguarda temi di redistribuzione, ma anche criteri di accesso, tra merito, competenze e tutele. Nel campo ampio delle relazioni tra i popoli solleva interrogativi urgenti sul rapporto tra la pace e la guerra. Tema non solo filosofico e politico, ma anche teologico, per eccellenza, il discorso della giustizia si interseca con quello sul diritto, sulla legge e sulla pena, ivi incluse le questioni di riconoscimento. Nuovi soggetti emergono come destinatari e oggetti di giustizia, ponendo la questione della relazione con le future generazioni.
Strutturato per gruppi di questioni, il programma filosofico porterà pertanto in primo piano un lessico concettuale a più voci dove si confronteranno prospettive filosofiche plurali e anche divergenti.
In una prima pista si seguiranno le trasformazioni delle teorie della giustizia soprattutto riguardo a distribuzione, accesso, diritti, riconoscimento delle capacità, partendo dal presupposto che quest’ultima questione ha profondamente modificato le discussioni sull’eguaglianza, ridefinendo la parità delle opportunità di partenza e mettendo al cuore del discorso della giustizia il principio di rispetto dovuto a ciascuna persona. Benedetta Giovanola farà il punto su varie prospettive di eguaglianza per la giustizia sociale, mentre Elisabetta Galeotti porrà la questione del rispetto, distinto per esempio dalla stima, che si merita, mentre il primo è dovuto in quanto persone. Alle aspettative di eguaglianza generate dalle società democratiche, al punto da rischiare di renderle “smisurate”, sarà dedicato l’intervento di Roberto Esposito.
Proprio questa differenza concettuale introduce alla questione del merito come elemento chiave per una comprensione evoluta delle questioni di giustizia e per una visione differenziale dei principi di eguaglianza. In una lezione architettonica, Salvatore Natoli traccerà i campi differenti della virtù e del merito, entrambi agonistici (perché anche la prima è in concorrenza, specificamente col vizio), ed entrambi performativi, con il secondo però da non ridurre a puro principio concorrenziale. Ai dilemmi della distribuzione del merito si rivolgerà Roberto Brigati, sottolineando la necessità di stabilire principi univoci tanto per l’accertamento, quanto per la ricompensa. Risorsa scarsa o comunque non omologabile, il merito incontra innumerevoli barriere concrete nella sua attuazione, specie in un Paese come l’Italia, che pare sistematicamente non premiarlo, dall’istruzione al lavoro: sarà il tema di Marco Santambrogio. Nel punto in cui riconoscimento delle capacità e valorizzazione del merito dovrebbero prendere l’abbrivio per garantire a ciascuna persona la propria fioritura sociale, Chiara Saraceno individua invece, specificamente nel caso italiano, una grave lesione: il tema della povertà educativa sollecita una riflessione costituzionale, sociale e morale. Proprio alle conseguenze emotive e morali dell’attuale sistema educativo e alla condizione giovanile è dedicato anche l’intervento di Umberto Galimberti.
Se il merito pare valere come unico criterio per legittimare differenze sociali, le diseguaglianze pongono il tema di cosa sia dovuto a ciascuno in quanto persona. Il classico tema distributivo, nel quale la virtù dell’equità diviene criterio per assegnare parti uguali tra disuguali, sarà discusso da Stefano Zamagni (in collaborazione con la Fondazione Ermanno Gorrieri per gli studi sociali). Presentando uno dei modelli più influenti nell’analisi dei fattori socio-economici della crisi del tardo capitalismo, Wolfgang Streeck mostrerà come bassi livelli di crescita, innalzamento del debito e aumento delle diseguaglianze costituiscano un circolo vizioso che rischia di diventare il destino storico delle nostre società avanzate.
Pur nella difficoltà di operare periodizzazioni, le fasi più recenti hanno impresso al tema della diseguaglianza e alla prospettiva della giustizia distributiva un accento del tutto particolare. L’evoluzione dell’economia delle piattaforme – come sosterrà Riccardo Staglianò – ha generato “giga-diseguaglianze” senza precedenti che rischiano di mettere a repentaglio, in crescendo, tanto il mercato quanto la democrazia. La pandemia di Covid-19, viceversa, ha messo in crisi un macromodello che indicava gli effetti livellatori, e dunque distributivi, delle grandi calamità naturali e sociali: Walter Scheidel, che di quel modello ha fornito una delle ricostruzioni più ricche e attendibili, mostrerà come il Covid-19 ne costituisca un’eccezione non avendo generato effetti egualitari.
Non mancano tuttavia potenzialità evolutive: Maurizio Ferraris sosterrà che l’obiettivo comune della società dei dati dovrebbe essere quello di “capacitare” le persone, ossia riconoscere il valore che esse producono attraverso il vivere connessi (Lectio “Coop Alleanza 3.0”).
In una seconda pista si tracceranno alcuni grandi modelli nel rapporto tra colpa e pena, giustizia e legge, per ponderarne il portato culturale. Enzo Bianchi ricostruirà un modello di remissione del male fondato sulla pratica della misericordia e del perdono, mentre Adriana Cavarero, interrogando la figura di Antigone, presenterà uno dei classici impianti sulla dissonanza tra leggi morali e leggi civili, dike e polis. Sempre alla ricerca del carattere esemplare della lezione antica, Ivano Dionigi ripercorrerà varie configurazioni del rapporto tra giustizia e politica tra Atene e Roma. Umberto Curi illustrerà i paradossi legati alla corrispondenza tra colpa e pena soprattutto attraverso un’indagine genealogica che, ipotizzando la pena come corrispettivo per sanare un debito, fa emergere le aporie di una risoluzione meramente quantitativa. Massimo Recalcati esplorerà il dissidio traumatico che la Legge istituisce nei confronti del desiderio.
Oltre la logica del corrispettivo, Enrico Cerasi mostrerà come la giustizia non possa rinunciare a un carattere eccedente, tipico della grazia, che indica come la remissione abbia sempre implicazioni di gratuità e dono.
Se modelli culturali di lunghissima durata presentano la condizione umana come segnata originariamente da una colpa di cui si può perfino essere ignari, come nel caso della tragedia, diventa indispensabile approfondire lo statuto dell’innocenza, ossia quanto dell’umano si può sottrarre al male radicale: lo farà Simona Forti in una lezione su questo paradigma dostoevskiano.
Il mistero di un’innocenza che sfugge al dispositivo del processo verrà esaminato da Alessandro Carrera attraverso modelli letterari come quelli di Kafka e Salvatore Satta, che ne mettono in risalto il carattere paradossale.
In un intervento che cucirà vari modelli e figure letterarie, Stefano Massini mostrerà come spesso nasciamo con un futuro già scritto che dobbiamo cercare di rovesciare se vogliamo vivere realizzando le nostre capacità.
Un terzo gruppo di lezioni fa il punto sulla dimensione legale e istituzionale e su come la giustizia possa trovare il proprio fondamento nel diritto. Due interventi segnalano le caratteristiche del “dito indice” inscritto nel gesto stesso del giudizio che è alla base di ogni somministrazione di giustizia e ne valutano caratteristiche e limiti: Gabrio Forti sosterrà come il giudizio penale, senza finalità riabilitativa, rappresenti solo un’illusione di punizione, mentre Luciano Eusebi proporrà un paradigma alternativo che faccia della responsabilità e della riparazione il perno della giustizia.
La somministrazione del giudizio e la composizione del mondo in termini di colpevoli e vittime ha peraltro travalicato i confini dei sistemi giuridici ed è divenuta dimensione collettiva in quanto tale, con enormi rischi di costruire meccanismi di vittimizzazione dagli esiti politicamente dannosi: ne parlerà Donatella Di Cesare. Da questo punto di vista, la dimensione propriamente epistemica della giustizia, ruotante attorno allo statuto della prova e della testimonianza, resta il riferimento principale per discernere il vero e il giusto, come mostrerà Nicla Vassallo. E questo nonostante il fatto che, come ogni codice, anche quello giuridico e legislativo si nutra di errori e anzi tragga dalle eccezioni la capacità di cambiamento: affronterà questi temi Gustavo Zagrebelsky in un intervento che mette a confronto codici giuridici ed esecuzioni musicali (in collaborazione con Modena Città del Bel Canto).
Nessun diritto sarebbe efficace senza l’aspirazione di giustizia dei singoli. Massimo Cacciari (componente del Comitato scientifico del festival) e Natalino Irti discuteranno in un duetto un caso letterario – il “Michael Koolhaas” di Heinrich von Kleist – che ne rappresenta un modello: nella novella la domanda di giustizia e la ricerca di un giudice a Berlino si tramutano in tragedia.
Complementare alla dimensione retributiva è quella riparativa della giustizia, secondo un orizzonte istituzionale e sociale che si sta allargando dalla gestione dei grandi traumi collettivi alla prospettiva di una logica riconciliativa, nella quale immaginare la costituzione di una comunità di giustizia in cui si esprimano le responsabilità di tutti gli attori, superando gli automatismi tra reato e sanzione e giungendo a un’attivazione del bene, senza limitarsi alla sola ritorsione contro il male. In quest’ottica si ricomprenderanno anche tutti processi di elaborazione della memoria collettiva, ovvero i processi attraverso i quali le comunità “fanno i conti” col proprio passato, sollevando la questione dell’uso pubblico della storia.
Mentre Lea Ypi farà il punto sulle transizioni dall’autoritarismo alla società aperta e sulle loro implicazioni per l’esperienza di libertà (Lectio “BPER Banca”), Anne Lafont dedicherà attenzione specifica alla violenza monumentaria, ossia al modo in cui i conflitti memoriali, politici e anche militari impattino sulla relazione con l’arte pubblica, tra iconoclastia e diritti di tutela, con riferimento a fenomeni recenti come il Black Lives Matter e la stessa crisi ucraina.
Michela Marzano porrà il tema della riappropriazione del vissuto rispetto a un passato più individuale e familiare, nel quale tuttavia gli intrecci di memoria tra dimensioni pubblica e privata generano importanti significati per l’identità (Lectio “Rotary Club Gruppo Ghirlandina”).
A una proposta iconografica che consenta di rappresentare la giustizia nella sua veste riparativa e non unicamente in quella retributiva e punitiva associata alla bilancia e alla spada è dedicato l’intervento di Brunilda Pali. Oltre la bilancia, al tema delle misurazioni legate agli strumenti e alla giusta misura del cosmo è dedicata la lezione di Marco Pallavicini, con Marco Cattaneo, in collaborazione con l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare – INFN.
Il più estremo dei casi di riparazione è quello nel quale occorre sanare il più radicale dei conflitti, là dove la stessa politica ha ceduto la strada alla guerra. È un caso estremo che comporta rimedi estremamente impegnativi, perché mentre non esiste riparazione se non nel segno della verità e della giustizia, dunque del riconoscimento dei torti, è altrettanto vero che fare la pace significa trovare un qualche terreno comune. Mai come in queste settimane ci accorgiamo della sfida morale di questa questione.
Avishai Margalit distinguerà una pace giusta da una semplice pace presentando una prospettiva moralmente esigente, nella quale le istanze della pace e della giustizia possono apparire anche modicamente incompatibili, il che pone la questione di trovare forme di mediazione plausibili ed eticamente sostenibili. Carlo Sini indicherà come l’accordo e il disaccordo, la pace e la guerra, siano sempre costituiti come una questione di parola e di discorso.
Mentre Joanna Bourke discuterà la pervasività sociale di modelli di crudeltà che alimentano la seduzione della violenza, Carlo Galli si rivolgerà alla classica questione delle relazioni tra politica e guerra, mettendo a fuoco i dilemmi legati all’idea stessa di guerra giusta. In un’ottica più contemporanea e strategica, Vittorio Emanuele Parsi esplorerà la questione della competizione globale sulle risorse e le materie prime come tema di giustizia distributiva e di parità di accesso, nonché come tipico terreno dal quale si generano le guerre (Lectio “Confindustria Emilia Area Centro”).
Al fondo di ogni questione di giustizia stanno comunque le passioni, le emozioni e i sentimenti culturalmente costruiti che generano un’attivazione morale e che costituiscono per esempio la prima risposta al riconoscimento dell’esistenza delle ingiustizie.
Nessuna passione è tuttavia univoca, perché complesso, sfumato e ambivalente è lo stesso paradigma primario di riconoscimento sociale: ne discuterà Barbara Carnevali, componente del Comitato scientifico del festival. Analoga ambivalenza è rintracciabile nella stessa empatia, che indica un contatto emotivo non sempre e non necessariamente altruistico e pacifico, come mostrerà Anna Donise.
Passione fremente e turbinosa, la giustizia è sempre una contesa, che scaturisce da sentimenti reattivi e potenti come quelli dell’indignazione: al motore della rabbia è dedicato l’intervento di Paola Giacomoni, mentre Anna Maria Lorusso farà vedere come lo sdegno, in una società fondata sul sensazionalismo e sul deperimento del valore etico delle immagini, rischi di affievolire il proprio portato di trasformazione.
Muovendo dalla vulnerabilità che caratterizza la condizione umana, Gianfrancesco Zanetti segnalerà l’esigenza di una disposizione verso le persone che da compassione morale si faccia riconoscimento giuridico. A questo stesso gesto, ma dal punto di vista dell’autorità e del potere che talvolta si chinano verso i singoli, è dedicata la lezione di Francesca Rigotti, che ricostruirà il significato morale e giuridico della clemenza.
Se le passioni di giustizia attivano il cambiamento, la prospettiva del futuro ne è il principale campo di realizzazione. In una dimensione che connette la salvaguardia del pianeta e il futuro delle generazioni, la discussione filosofica e costituzionale si pone il tema degli obblighi e delle reciprocità che occorre stipulare nei confronti della nostra specie e della stessa biodiversità.
In una lezione che proporrà di includere le clausole intergenerazionali nella teoria costituzionalistica, Jörg Tremmel sosterrà che compito del contrattualismo contemporaneo è contrastare la “tirannia del presente”, esattamente come quello classico aveva costruito meccanismi di contrappeso contro la “tirannia della maggioranza” (Lectio “Gruppo Hera”). Su un piano più antropologico e morale, Ferdinando Menga mostrerà che il rapporto con il futuro e le generazioni che verranno deve essere orientato al principio di “responsività”, ossia una forma trascendentale di responsabilità che vincola al di là di ogni prossimità o legame diretto tra le persone.
Esplorando il confine tra questione penale e problematiche costituzionali globali, Luigi Ferrajoli farà vedere come il tema della giustizia globale nell’epoca dell’Antropocene sia caratterizzato da “crimini di sistema”, ossia gravi catastrofi sistemiche la cui responsabilità sfugge alla semplice logica penale, costituendo tuttavia «violazioni massicce dei diritti fondamentali» in relazione alla salvaguardia di beni fondamentali. Ispirato dall’orizzonte concettuale fissato da Hans Jonas, Pier Paolo Portinaro mapperà le sfide della giustizia del futuro.
Completerà come di consueto il programma filosofico la sezione “Lezione dei Classici”: grandi interpreti del pensiero filosofico presentano le opere che hanno maggiormente segnato la riflessione sul tema “giustizia”.
Giuseppe Cambiano e Arianna Fermani ricostruiranno i modelli antichi occupandosi rispettivamente della “Repubblica” di Platone e dell’”Etica Nicomachea” di Aristotele. Philippe Audegean discuterà la questione delle pene e dell’umanitarismo nel “Dei delitti e delle pene” di Cesare Beccaria, mentre Filippo Gonnelli risalirà al modello di governo cosmopolitico del Kant del “Progetto per la pace perpetua”. Due lezioni saranno infine dedicate a due influenti modelli contemporanei: Tommaso Gazzolo ricostruirà il positivismo giuridico del Kelsen de “Che cos’è la dottrina pura del diritto?”, mentre Sebastiano Maffettone delineerà la teoria della giustizia di John Rawls.
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